Zander e Daneth ne erano a conoscenza da quattro rotazioni planetarie. Zander non voleva dire niente a Lamira. Avrebbe dovuto essere una sua scoperta, dopotutto era il suo corpo. E se avesse voluto saperlo, in fondo glielo avrebbe chiesto.
Ma da quando aveva visto per la prima volta gli ormoni crescere, il suo bisogno di marchiarla era diventato una vera e propria ossessione. Aveva scelto personalmente i cristalli più belli e li aveva montati in castoni di platino. Daneth si era offerto di fare il piercing, ma Zander non voleva che nessun altro maschio la toccasse, quindi aveva studiato da solo come farlo.
La porta del bagno si aprì e apparve Lamira, appena lavata e gloriosamente nuda. «Vieni, piccola schiava.» Tese la mano. Quando la prese, lui la condusse alla piattaforma del sonno. «Mettiti sulle ginocchia, lì.» Sollevò il mento verso la piattaforma del sonno.
Lamira seguì la guida della sua mano mentre la posizionava, in ginocchio, di fronte a lui.
«Allarga di più le ginocchia.»
Aprì le cosce.
Posò la mano sul suo monte di venere e fece scivolare un dito sulla sua fessura umida. «Sei sempre così bagnata per me,» borbottò con approvazione. «Metti le mani sopra la testa.»
Intrecciò le dita sopra la testa, sollevando e allargando i suoi seni perfetti.
Zander prese uno dei suoi capezzoli nella sua bocca, succhiando forte.
Lei gemette.
Le sfiorò la punta del capezzolo indurito con i denti. «Oggi ti adornerò come mia compagna.»
La attraversò un brivido, e quando lui sollevò la testa, vide i suoi occhi pieni di lacrime. Le scostò i capelli dal viso. «Sei … sconvolta?» Non poteva ancora essere sicuro delle sue emozioni. Se solo il suo dispositivo da polso gli avesse detto esattamente cosa provava e perché in ogni momento.
La sua risata sommessa gli riscaldò il petto. «No. A volte piango lacrime di gioia.»
«Un giorno capirò tutte le tue adorabili complessità. Fino ad allora, imparerai ad essere diretta e onesta con me.» Le accarezzò la mascella. «Confondere il tuo padrone sarà considerata un’offesa punibile.»
La attraversò un altro brivido. Quella parte, almeno, l’aveva capita. Punizione e dominazione la mandavano su di giri. Zander riportò le dita alla sua figa e la accarezzò lentamente. Quando le sue gambe iniziarono a tremare e il suo respiro diventò affannato, si fermò.
Daneth gli aveva fornito uno spray anestetico, che ora le stava applicando sui capezzoli e sull’ombelico. «Vuoi che ti buchi le orecchie o il viso?»
Si leccò le labbra color bacche. «Cominciamo … ah … comincia con queste.»
Prese la pistola perforante e vi inserì il primo piercing. «Voglio che tu stia molto ferma per me.»
Deglutì, le dita le scivolarono dalla testa. Alzò lo sguardo al soffitto, dove lui teneva l’anello e le cinghie appesi al soffitto.
«Vuoi che ti blocchi? Sarebbe più facile?»
Si leccò di nuovo le labbra. «Sì grazie.»
Lui sorrise e le agganciò le manette, poi fece passare la cinghia dal soffitto attraverso gli anelli, tirandole le braccia verso l’alto finché non rimase appesa, semiaperta. «Com’è?»
La sua testa oscillò sul collo, a metà tra un cenno e un brivido.
Pensando che l’avrebbe distratta dai suoi nervi, fece scivolare di nuovo un dito sulla sua fessura. Era diventata secca. Apparentemente essere trafitta dal suo amante non era tra gli atti di dominio per cui godeva. Era un peccato, perché invece molti Zandiani trovavano il rituale dell’ornamento piuttosto erotico.
Le avvolse un braccio intorno alla vita e la attirò contro il proprio corpo, tracciando una leggera figura otto sulla pelle della sua schiena. «Hai paura? Vuoi che chiami Daneth per farlo?»
Scosse rapidamente la testa.
«Ti fidi di me, piccola schiava? Sai che non ti farei mai del male?»
Lei annuì contro il suo petto.
Modificò la sua voce dandole un tono più autorevole. «Allora fai la brava ragazza e accetta il mio marchio.»
Qualcosa in lei si rilassò. Il suo viso sembrava ancora segnato, ma il suo contatto con lui si addolcì.
Si spostò per mettersi di fianco a lei e le diede diversi schiaffi sul culo nudo.
Il suo tasso di eccitazione salì dal dieci percento al quaranta. Bene, era di nuovo in pista. Forse tutto ciò di cui aveva bisogno era una bella sculacciata per calmare i suoi nervi.
Le sganciò i polsi dalla cinghia appesa al soffitto e si sedette sulla piattaforma del sonno, tirandola sopra le sue cosce. Era così che avrebbe dovuto iniziare: con lei vicina, attaccata al suo corpo, bloccata.
Si mosse senza protestare, sembrava sapere anche lei di aver bisogno di una sculacciata.
Le fece scorrere la mano sulle natiche fresche e ammirò il leggero rossore sulla sua pelle dorata a causa delle poche sculacciate che aveva già ricevuto. «Hai un culo perfetto, piccola schiava.» Le sculacciò una natica. «Potrei guardarlo tutto il giorno.» Sculacciò l’altro lato, poi massaggiò il punto. «E mi piace sculacciarlo, quasi quanto a te piace essere punita.»
«Non lo so», protestò.
«Bugiarda.» Le strinse un braccio intorno alla vita e la sculacciò forte e veloce, amando il modo in cui lei si rotolava e si dimenava sulle sue ginocchia, il respiro che lei tratteneva ed emetteva con sussulti sexy. Continuò a sculacciarla, guardando il suo tasso di eccitazione salire al novanta percento. Il suo sedere brillava di un rosa intenso. La massaggiò e la mise in piedi. «Sdraiati sulla schiena con le braccia e le gambe divaricate.»
I suoi occhi avevano assunto l’aspetto vitreo della resa, con le pupille dilatate e le palpebre pesanti. Strisciò al centro del materasso e si mise nella posizione che Zander le aveva descritto. Fece scattare ciascuna delle sue manette collegandole ai fermi installati attorno alla piattaforma del sonno e li tirò affinché fossero tesi. Chiederle di restare ferma mentre era in ginocchio era stato troppo. In questo modo, non sarebbe stata in grado di muoversi, non importava quanto fosse nervosa.
I suoi occhi lampeggiarono e il respiro continuò con affanno. La sua pancia fremette mentre lo guardava raccogliere la pistola perforante.
Le pizzicò il capezzolo. «Lo senti?»
Lei scosse la testa.
«Bene.»
Lei sussultò quando lui le strinse la carne dell’ombelico, ma lui si mosse rapidamente, facendo passare rapidamente la punta di metallo ricurva e coprendola con uno scintillante gioiello color arcobaleno.
«Nessun dolore?»
Si leccò le labbra. «No, mio signore.»
Sorrise e portò il pollice al suo clitoride, disegnando un cerchio più volte.
Fremette e tremò sotto di lui, emettendo suoni sfrenati.
Dopo aver ricaricato la pistola perforante con una punta per capezzoli, le sparò al capezzolo sinistro.
Lamira gridò.
Si bloccò, temendo di averla ferita.
La sua testa era indietro, i seni spinti in aria. La pancia e le gambe tremavano e i suoi fianchi pompavano l’aria.
No, non era ferita. Stava raggiungendo l’orgasmo.
Inserì un altro perno nella pistola e non perse tempo, lo sparò nel suo capezzolo destro.
Lei gemette, i fianchi scattarono. A quanto pareva, l’orgasmo continuava all’infinito.
La guardò, affascinato, mentre lei tremava e si agitava opponendo resistenza ai legacci.
«Zander,» piagnucolò, scalciando ancora. Ansimò per riprendere fiato.
Adattò due dei cristalli Zandiani più chiari e più fini ai suoi capezzoli e trascinò le dita tra i suoi seni e lungo il suo ventre. «Guardati,» mormorò. Non c’era niente nella galassia di più bello della piccola schiava umana che raggiungeva l’orgasmo sulla sua piattaforma del sonno.
Aprì le labbra del suo scrigno e si sistemò tra le sue gambe, facendo scorrere la lingua contro il suo clitoride. «Rilascia le manette.»
Le mani di Lamira scattarono verso la sua testa, afferrandogli i capelli e spingendolo a proseguire.
Le succhiò la parte rigonfia e contemporaneamente infilò due dita dentro di lei. I suoi muscoli interni si stavano ancora contraendo e gli strinsero le dita. Incapace di trattenersi, la scavalcò, si abbassò i pantaloni e la penetrò con il suo cazzo.
«Zander, stelle … sì!» Le pareti del suo stretto canale strinsero la sua mazza.
Spinse dentro e fuori da lei.
«Più forte», ansimò, come se non stesse già venendo.
La martellò, prendendola rudemente, mirando all’obiettivo con una forza e un’intensità che non si era immaginato.
Lei urlò, artigliandogli le spalle. La sua figa si strinse così forte che perse ogni controllo e venne, anche se aveva appena iniziato.
Rise, pompando ancora dentro e fuori da lei. Le sue labbra trovarono il suo collo e lui succhiò e mordicchiò finché, alla fine, lei crollò nella quiete sotto di lui, il suo respiro uscì in sospiri affaticati.
«Zander …» Lei lo avvolse con le braccia.
Le sganciò le cavigliere e la prese tra le braccia.
«Oh!» La sua attenzione era svanita, come se stesse fissando un ologramma appena oltre il suo orecchio. «Lo sai già.»
Ovviamente sapeva cosa intendeva. «Mi sembrava sbagliato saperlo prima di te.» Le offrì le sue scuse incerte. Si era tormentato se dirglielo o meno, ma alla fine aveva deciso che sarebbe stato meglio per lei percepirlo o scoprirlo da sola. «Avrei preferito che mi avessi detto la buona notizia.»
Gli strinse il collo, bagnandolo di lacrime.
La allontanò. «Quelle sono lacrime di felicità?»
Lei annuì. «Sì,» tirò su con il naso. «Sono così felice. Ma avresti dovuto dirmelo.» La sua mano scivolò sull’addome, meravigliata.
«Daneth ha l’attrezzatura, se vuoi vederlo.»
Scosse la testa, lacrime fresche scintillarono nei suoi bellissimi occhi verdi. «Non ne ho bisogno. I tuoi cristalli … posso vedere così tanto.» Lo stupore prese il sopravvento sulle sue parole e i suoi occhi si persero di nuovo in uno sguardo sfocato.
«Cosa vedi?» sussurrò, la magia del momento era amplificata di dieci volte. La sua donna era speciale. La donna più perfetta della galassia, quella pensata solo per lui.
Lei rise e scosse la testa. «Così tanto, è tutto mescolato insieme. Non lo so.»
La accarezzò con un dito lungo la curva del naso. «Sei il mio tesoro più grande, più sacro persino di questi cristalli.» Le toccò il gioiello scintillante sul capezzolo. «Sono stato così stupido a non vedere quanto sei speciale. L’ho sentito – il mio corpo lo sapeva – ma il mio cervello …» Scosse la testa, pensando a come l’aveva quasi persa – l’aveva quasi mandata via, negandosi non solo il piacere della sua compagnia, ma forse anche la soluzione all’estinzione della sua specie.
«Voglio dirlo a mia madre.» Si mise a sedere dritta, con gli occhi luminosi.
Rise. «Certo.» La sollevò dalle ginocchia e la mise in piedi. «Andiamo a darle la notizia. Sarà contenta?»
Leora era stata affettuosa con lui dopo il suo ricongiungimento con Lamira, ma non era sicuro di come si sentisse riguardo al fatto che sua figlia fosse la sua fattrice.
Lamira indossò una gonna e una camicetta che le avvolgeva i seni nel modo più attraente. «Sarà elettrizzata. Ha detto …» Lamira soffocò le parole, i suoi occhi si riempirono di lacrime di nuovo, «i nostri figli avranno un inizio tanto migliore di quello che abbiamo avuto io e mia sorella. Sa che ci saranno ancora battaglie da affrontare, ma si sente fiduciosa.» Lamira sbatté rapidamente le palpebre e intrecciò le sue dita con quelle di Zander. «E anche io.»
A Zander sembrò che il suo petto stesse per scoppiare. «Anch’io,» mormorò con voce roca, e le strinse la mano.
Lasciarono la sua camera e percorsero insieme il corridoio, come compagni.
Sì, il suo futuro e il futuro della sua specie non erano mai sembrati così luminosi.